Cinema e Bruce LaBruce (1)

Queste sono alcune considerazioni del regista indipendente (e quindi sconosciuto) Bruce LaBruce fatte a Pier Maria Bocchi in coda al suo interessante volume Mondo Queer – Cinema e militanza gay, edito da Lindau. Se ne consiglia caldamente l’acquisto, gay o non gay (GParker, cit.).

In rosso ci sono invece mie riflessioni sulle affermazioni di LaBruce.

C’è buon cinema e c’è cattivo cinema. Se un buon film ha dei contenuti gay, è proiettato anche in un circuito internazionale non gay. Penso che il problema dei festival gay e lesbici sia che devono riempire un intero programma, e spesso lo fanno con del cinema o dei video che non sono buoni.


La seconda parte dell’affermazione è vera, i festival gay hanno spesso film o video non buoni per riempire un programma altrimenti esangue. E questo fa male al cinema.

La prima affermazione no. Non è vero che ogni buon film a contenuti gay trova spazio in un circuito internazionale (parliamo di circuito remunerato, sale), come non è vero che la maggioranza del pubblico straight è interessato dal cinema gay. Il pubblico etero, quello maschile sopratutto, si trova in imbarazzo di fronte a un film a contenuti gay, a meno che, e qui torna il discorso che fa Bocchi nel suo testo, non si tratti di un film “istituzionale”, “borghese” in cui la Norma ha soffocato qualunque anticonformismo e l’etero può ridere dei froci rassicuranti.


I Festival gay dovrebbero concentrarsi più sul cinema e meno sulla questione gay.

Altra affermazione che si condivide pienamente. Chi glielo spiega però al pubblico etero? Siamo così convinti che se i Festival gay si concentrassero più sul cinema, orde di cinefili eterosessuali affollerebbero le proiezioni? Quanti sono i cinefili etero che -escludendo i motivi professionali – a Torino o a Venezia hanno visto i film a tematica gay in concorso o fuori concorso o nelle sezioni collaterali?


Nei miei due film Skin Flick e The Raspberry Reich, affronto di petto l’omosessualità. Ho intenzione di farne un altro, per completare una trilogia, su alcune bande giovanili che non sono viste e identificate all’esterno come gay, ma i cui membri sono omosessuali. Voglio affrontare l’argomento dell’identificazione, delle categorie prefissate dell’identità, su come si presuppone che ti comporti se sei gay, sui problemi che si presuppone tu debba affrontare proprio perchè sei gay. (…) E’ questo il problema del cinema gay.


Verissimo. Ed è fondamentale che in cinema indaghi questi argomenti, specie sulle categorie prefissate dell’identità, che sia molto pubblico gay e moltissimo pubblico etero vede solo in termini di nero/bianco, gay/etero, quando vi sono mille sfumature del desiderio. Pensiamo solo alla facile identificazione come “gay” del sesso tra due maschi, che può avere mille sfumature, mille implicazioni, mille complessità.

C’è la fissazione del corpo muscoloso maschile, un’idea ristretta di ciò che dovrebbe significare gay, la moda, lo stile. Si basa tutto su alcune persone che intendono dettare ciò che ritengono voglia dire gay o ciò di cui un gay dovrebbe essere interessato o il modo in cui un gay dovrebbe comportarsi. Non serve a niente. Non guardo mai show esplicitamente gay. Guardo Absolutely Fabulous che ha un grande seguito gay. Ma lo guardo perchè penso sia intelligente, smaliziato, brioso e non perchè si presume sia gay. Ma, e rischio di ripetermi, è come per tutto il resto: c’è buona televisione e cattiva televisione.


Sulla prima parte della questione LaBruce ha ragione ma è una battaglia persa. Sia contro i gay fashion sia contro gli intellettuali gay che magari nei libri criticano l’immaginario modaiolo gay a senso unico e poi li vedi in giro coi jeans Prada a vita bassa e la borsettina da cula. Quanto rimane credibile la loro posizione? Ci fosse mai un frocio con la barba lunga, le ascelle puzzolenti e i jeans presi alla Upim! Sulla seconda parte LaBruce cade nella banalità. Noi siamo convinti che se chiedessimo a 100 etero italiani cinefili e malati di serie tv se conoscono (non se hanno visto, ma se conoscono) Absolutely Fabulous, risponderebbero di sì solo gli etero curiosi (categoria sociologica tutta da epslorare…).

Conclusioni

E’ vero che i movimenti gay si sono “normalizzati” e imborghesiti incorporando in sé i comportamenti della società che più disprezzavano. Ed è giusto che LaBruce lo ricordi e da qui rifletta sulla necessità attuale dei movimenti e della loro politica.
Vero è anche, però, che questo tipo di omologazione era forse l’unica strada (la più facile?) possibile per un ingresso dei gay nella accettazione sociale, per non essere ora e sempre, i “diversi”.
Il cinema normalizzatore (In & Out solo, Il matrimonio del mio migliore amico, per citare due esempi) ha codificato questo ingresso dei gay nel Sistema. Lo stesso hanno fatto le serie tv (Will&Grace o Ugly Betty).
In Italia ne abbiamo avuto diversi esempi. E tutti negativi (dal trans-vicina-di-casa che vince il reality show, al sissy autore di canzoni e innocuo personaggio da circo spalmato in vari spettacoli del sabato sera, al parrucchiere amico delle donne e senza vita sessuale).

Quelli che continuano a rimanere fuori sono i personaggi che fanno paura, che non rassicurano:
– da un lato i gay in giacca e cravatta, quelli che potrebbero essere il tuo vicino di casa (e ommioddio che schifo, ma ci pensi? non si vedeva per niente!);
– dall’altro gli omosessuali che rivendicano la loro sessualità, il loro scopare, usando gli stessi stilemi degli etero.

L’omosessuale asessuato non fa paura, quello che ti racconta come pompa, esattamente come l’etero ti racconta come chiava, spaventa ancora moltissimo.


Ecco perchè la sessualità gay al cinema crea imbarazzo o è considerata “trasgressiva” o ripugnante.
Vedi le reazioni scomposte a un film straordinario come Shortbus, che se avesse avuto un’ottica straight sarebbe stato oggetto di approfondite analisi sul linguaggio.

In più – e qui siamo d’accordo con LaBruce – era un film “porno” per cui assolutamente da non mostrare o mostrare altrove, come se non ci fossero mille sfumature di porno e mille modi di declinarlo.

La conclusione però è lontana dagli auspici di LaBruce, che vorrebbe che il suo cinema raggiunga tutti, non solo il pubblico gay. Di fatto il suo cinema (parliamo di grandi numeri) interessa solo il pubblico gay. Anzi, considerando che la maggioranza del pubblico gay è “normalizzato”, mi sa che non interessa nemmeno loro.

Informazioni su Souffle

Amante del cinema, delle serie tv e della cucina adora la comunicazione e la scrittura (degli altri). Nel tempo libero fa un lavoro completamente diverso.
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17 risposte a Cinema e Bruce LaBruce (1)

  1. Anonymous ha detto:

    quello che stavo cercando, grazie

  2. souffle ha detto:

    @udp: spiace più a me non averlo letto! buona serata

  3. Anonymous ha detto:

    Vabbé, fa niente. Non era un commento molto articolato. Però mi spiace non sia comparso.UDP

  4. souffle ha detto:

    @udp: a me risulta un tuo solo commento, quello del 27.Io non ho cancellato nulla, mi spiace se non è stato registrato, forse per problemi di blogger.Puoi riscriverlo se ti va, mi farebbe piacere.

  5. UnoDiPassaggio ha detto:

    Ma è scomparso un mio commento o vaneggio?

  6. souffle ha detto:

    @alberto: il collega no, ma l’amico sì. :)un saluto e grazie per il confronto.

  7. Alberto Di Felice ha detto:

    souffle: Infatti non dovresti!

  8. souffle ha detto:

    @alberto: rimandando a dopo per altre cose, visto che sono di fretta, ti dico solo, un po’ provocatoriamente: e perchè io dovrei sentirmi a mio agio nel sentire il mio collega parlare di figa?E perchè io riesco a starlo a sentire e lui non ce la fa proprio?a presto

  9. souffle ha detto:

    @Udp: hai chiosato bene il mio discorso.Non mi lascio trascinare su Ozpetek, sai bene dove li coccolo, e non voglio fare i gioco di quelli che dicono: ecco non ci piacere perchè c’è Ozpetek. Troppo facile.I gay di Ozpetek non sono gay in giacca e cravatta (ti farei leggere la mia lettera sul mensile Pride oramai datata 1999) quanto stereotipizzazione degli omosessuali borghesi.Quando parlavo di gay dal rutto libero e vestiti Upim, parlavo dei personaggi di Ralph Konig semmai.E ne vorrei vedere di più.Se poi dici che non esiste un problema di “paura” allora che stiamo a parlare di omofobia?UDP, quando dici di spostare lo sguardo sulla fisicità del corpo a prescindere da etero o gay, in me trovi un sostenitore.Possiamo dire lo stesso del pubblico etero, anche quello cinefilo?Era questo il mio punto e mi pare di che sia abbastanza chiaro dallo scritto.Ovvio che il rincoglionimento non hanno orientamento sessuale.A me sembrava però di avere fatto un altro tipo di discorso.E su quello che vorrei avere un parere.ti abbraccio

  10. Alberto Di Felice ha detto:

    souffle: Il mio punto era questo: qual è la "causa gay"? Perché, ripeto, se il punto è quello di farci sapere che i gay fanno sesso gay in tutte le sue possibili ramificazioni, beh, questo non sarebbe altro che l'espressione di un truismo. Sarebbe come farci sapere che gli etero fanno sesso etero, anch'esso in tutte le sue ramificazioni. Da questo punto di vista, non trovo superiorità ontologica o di imbarazzo nella visione di un pene rispetto a una vagina, o viceversa. Ma questo sono io. Dovremmo metterci d'accordo su cosa intendiamo per "normalizzazione": io non intendo "riduzione a macchietta" a fini contenitivi e rassicuranti, ma appunto riduzione al normale, ossia a ciò che esiste ed è in quanto tale parte della realtà. I gay esistono, e ne esistono di checche ossesse e di borghesissimi e noiosi: il Will di "Will & Grace" è un gay borghesissimo che fa l'avvocato in una sitcom, uno di quelli che «non l'avrei mai detto»; Jack invece è una "checca ossessa" in una sitcom; vicino a loro hanno altre due fidure altrettanto comiche di una trentenne pazza con l'orologio biologico che ticchetta ed una spietata stronza con la voce acuta, sempre in una sitcom. Il risultato è che miliardi di persone in giro per il mondo adesso possono esser portate ad ipotizzare che che, di fianco alla checca ossessa della quale si accorgono subito, in ascensore potranno trovarsi anche un bell'avvocato gay che magari mai avrebbero pensato lo fosse. E tutti ridiamo assieme. La testa dei ragazzini e dei borghesucci la cambi così, col tempo e tanta pazienza: non con la gente in tutine di latex che se ne va in giro a rovistare fra i rifiuti.(Chi ci crede che "O fantasma" mi ha fatto schifo perché penso effettivamente sia un brutto film, anziché a causa dell'«argomento»? Dovrai fidarti della mia parola, ma naturalmente non posso garantire per quella degli altri. Visto che hai citato "Wild Side", rincuorati almeno col fatto che — quello sì — l'ho trovato un ottimo film.)Quanto agli amici. Non sbagli. Ma, ancora, ci vuole tempo, e non si può pretendere che la gente rinunci alle sue costrizioni mentali dall'oggi al domani. Perché un tuo collega dovrebbe sentirsi a suo agio nel discutere con te qualcosa che non lo riguarda e che non conoscono? Queste cose non vanno date per scontato, credo. Di certo, ripeto, la testa di questi qua (che poi sarebbero anche loro persone normali) non la si cambia con le tutine in latex.

  11. UnoDiPassaggio ha detto:

    Mi chiedo dove collochi Ozpetek e i suoi gay borghesi in giacca e cravatta. Secondo te fanno paura? Sono sociologicamente interessanti e riscattano un materiale cinematografico medio se non mediocre? Secondo me il punto, almeno in Italia, è che il corpo non è ancora un territorio libero (questo spiega anche il fatto che pochissimi siano i film che investano il proprio sguardo sulla ficità e sul valore del corpo, a prescindere da etero o omosessualità). LaBruce (che è un grande) fa film che neanche i gay guardano, o la maggior parte dei gay, semplicemente perchè non sono film di facile accesso ma complessi e multistrato.Il rincoglionimento e la pigrizia mentale non hanno orientamento sessuale.Un abbraccio.

  12. souffle ha detto:

    @Alberto: beh mi confermi quello che dicevo e che finora non mi pare smentito.Per usare le tue parole, In&Out potrebbe essere semplicemente un brutto film (che, di passaggio, fa male anche alla "causa gay" cioè serve solo agli etero per rassicurarsi su ciò che è normale e ciò che non lo è).Mentre O fantasma è un film decisamente notevole, al di là del suo contenuto gay, che però capisco che possa disturbare, essendo un film che parla di corpo.Ma potremmo parlare anche del Demone sotto la pelle, uno dei film più straordinari sulla sessualità e il suo tentativo di normalizzarla.Non capisco il tuo discorso: normalizzazione semmai è identificare la persona gay come quella che si comporta in un certo modo, ha certi gusti, vede certi film, ha certi sentimenti (la famosa sensibilità gay).Cioè il classico gay che non fa paura a nessuno, con cui l'etero va traquillo.Io per paradosso dicevo che non si vede mai nell'immaginario mainstream una persona omosessuale che veste Upim, l'operaio gay, l'elettricista gay (guardati Wild Side di Lifshitz, o anche questo è un brutto film?) – cioè che se ne frega della moda, cui magari piace farsi una birra e rutto libero.E sai perchè non si vede? Perchè è quella persona che non sai identificare, controllare e arginare e quindi fa più paura.ùOddio! è normale come me!Sul sesso (o parlavamo di sessualità) ti faccio un esempio: non ti crea forse disagio un nudo frontale maschile, mentre se vedi la patata non sei a disagio?E perchè sei a disagio?Ecco, forse, sempre restando nella metafora, i gay dovrebbero vedere più patate e gli etero più cetrioli.Forse il problema è proprio questa incredibile paura che molti hanno del sesso (parlarne, scriverne, vederlo).Ma fa davvero così paura?E perchè?E quali sarebbero, di grazia, i luoghi deputati per parlarne?Il confessionale?Ci dovrebbe essere meno paura e più curiosità per mondi diversi dal nostro.Poi capisco bene i problemi che una persona possa avere nel parlare si sesso o sessualità o di vederla al cinema e di vedere film che trattano la sessualità.Basta leggere Farinotti o Gparker e ti accorgi di come vi siano, per motivi religiosi o altro, notevoli problemi di serenità di giudizio sui film che trattano della sessualità (e di quella gay in particolare).Di solito la risposta è tipo la tua: non è questione di gay o non gay, era semplicemente un brutto film.Ah, ok. Ma chi ci crede? Ne siamo sicuri?Io facevo semplicemente notare, uscendo dal seminato cinematografico, che se sono tra amici, ad esempio, non vedo perchè loro possano raccontarmi le loro avventure con Tizia, e io non possa raccontare le mie con Tizio.O sbaglio?Un saluto e grazie del tuo intervento.

  13. Alberto Di Felice ha detto:

    Di LaBruce non ho mai visto nulla, ahi me. Non so se devo concluderne che sono troppo "normalizzato", gay o meno. Né ho mai visto una puntata di "Absolutely Fabulous" — ma, a mia discolpa, sono le serie televisive in generale a non interessarmi, ahi me.Credo che dici bene quando noti che "questo tipo di omologazione era forse l'unica strada (la più facile?) possibile per un ingresso dei gay nella accettazione sociale".Su "In & Out" abbiamo già scambiato qualche battuta in altre occasioni, ad esempio. Potrà essere un modo di "codifica[re] questo ingresso dei gay nel Sistema", ma secondo me, con tutti i rimproveri che potresti muovergli, nel lungo termine sortisce un effetto migliore questa “naturalizzazione” asessuata rispetto a quello che può fare una roba tipo “O fantasma”, che per come lo ricordo io (e ammetto che negli anni intercorsi potrei averlo rimosso) era semplicemente un brutto film. Credo dipenda dal tipo di obiettivo che si vuol raggiungere: si vuol rendere un gay per quello che è, ossia una persona come tutte le altre che veste capi UPIM (è questo che si intende per “normalizzazione”?), oppure si vuol far presente sempre e comunque che un gay è un essere che fa sesso gay nelle sue mille sfumature? Nel qual ultimo caso, non credo che i problemi siano molto diversi da quelli che si incontrano quando si parla di sesso più in generale, e non solo di sesso gay: ovvero, preferibilmente, non se ne parla, o se ne parla solo nei luoghi e nelle circostanze deputati a farlo.

  14. souffle ha detto:

    @noodles: ti riferisci alla prima frase di LaBruce?Cosa intendi per tema?Non capisco.Forse il fatto che quando leggi certe recensioni di film con contenuti gay, non riesci a capire della trama che ci sono due uomini che scopano perchè il recensore non ne ha mai accennato? :)Sulle etichette… beh non si dovrebbe allora parlare di “buddy movie” o di cinema “al femminile” o di “commedia dei sessi” come spesso sono stati etichettati i film che nel presente e nel passato avevano certi temi.LaBruce parlava di film con contenuti gay, semplicemente come dato di fatto della trama.Come del resto fanno le collane di dvd nel mettere insieme i film a contenuto queer.Perchè lo fanno?Mi pare chiaro che deve trattarsi prima di tutto di buon cinema (il punto non era quello), ma non è che possiamo dimenticare che trattasi di storia con contenuti gay.Oppure stai sottintendendo che il film è così bello che si può “sopportare” che ci siano due maschi che scopano?A me pare che i film con personaggi gay o a contenuto gay, anche se ben fatti (I testimoni di Techinè, ad esempio) non è vero che “tutto è a posto”, perchè non mi pare che si faccia la fila per vederli, nemmeno nei fetival.Nel libro di Bocchi, che ti consiglio, si cita “O fantasma”, favoloso e conturbante film di Rodrigues, che qualcuno si chiese come mai questo film gay e un po’ porno fosse a Venezia nella mostra ufficiale e non fosse andato in una mostra di film gay.Come vedi non è vero che “è tutto a posto”.Non basta fare un film bello per spingere il pubblico a vedere una storia di sessualità gay.Gocce d’acqua su pietre roventi di Ozon è un magnifico film, ma, guarda un po’ il caso… il minore Swimming pool ha riscosso maggiore gradimento.. Chissà perchè… Insomma, e parlo al pubblico etero, se anche ti do un buon film con contenuti gay, ci vai a vederlo?Tu citi Shortbus, quanti ne hanno parlato alla sua uscita?Quanti lo hanno recuperato in dvd?Quanti ne hanno scritto come di un film porno?The History Boys è un buon film scritto da Alan Bennet.Quanti sono andati a vederlo al cinema?E quanti non ne hanno scritto disgustati per i contenuti della storia?grazie per il tuo commento e di essere passato.

  15. Noodles ha detto:

    posso azzardare una conclusione in una frase, per quanto riguarda il primo estratto? Secondo me già quando il film si “guadagna” l’etichetta di film-gay o film-queer o lesbo o trans o quel che vogliamo… ha fallito. Perchè mettendo in evidenza il tema e non il film suggerisce spesso che il tema per quanto nobile possa essere – a seconda dei casi – non rispecchia un’adeguata esecuzione cinematografica. Che poi è tutto. Non basta dire il problema dell’identità, della sessualità, oggi domani dopodomani… Prima di ttuto bisogna far cinema, guadagnarsi la storia. E se la storia e il racconto e la messinscena reggono come film in toto, allora è tutto a posto. Altrimenti diventa film di nicchia inutile.E Ce ne sono di titoli così: penso a Shortbus o Boys don’t cry.

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